Se ne aveva chiaro il sentore prima della raccolta e ora Coldiretti conferma: il 2018 segna un’annata nera per l’olio extravergine d’oliva, la peggiore degli ultimi dieci anni. In Italia la produzione si è dimezzata, passando dalle 430 mila tonnellate alle 210 mila, con una perdita economica stimata di 120 milioni di euro. Una regione-simbolo come la Puglia, che storicamente detiene il primato dell’oro verde, ha subito un calo del 65% pur rimanendo la principale fornitrice d’Italia. Seguono Calabria (47 milioni di chili e una riduzione del 34%), Sicilia (39 milioni di chili e calo del 25%) Campania (11,5 milioni di chili e -30% rispetto al 2017). Trend negativo anche per Lazio e Abruzzo, mentre la Toscana (+20%) e più in generale il Nord Italia festeggiano un aumento della produzione.
Nel Centro e nel Sud dello Stivale la principale causa di questa picchiata è stato il clima inclemente: le ondate di gelo e neve dello scorso febbraio hanno compromesso la fioritura, danneggiando circa 25 milioni di ulivi. A questo vanno aggiunte le recenti e violente trombe d’aria.
Ironia della sorte, il bilancio negativo per l’icona della dieta mediterranea arriva quasi in concomitanza con l’annuncio della scoperta della sua ennesima virtù: secondo una ricerca di Airc, condotta dal’Università Aldo Moro di Bari, il consumo quotidiano di olio extravergine di oliva aiuterebbe a prevenire e combattere i tumori dell’intestino. È bene, quindi, non rinunciare al suo gusto facendo attenzione alla qualità.
Per compensare le risorse dell’olio evo made in Italy sono già pronti a decollare sugli scaffali dei supermercati i prodotti importati. La Tunisia, per esempio, stima che per la stagione 2018/2019 l’olio di sua produzione raggiungerà un volume di circa 170 mila tonnellate, con ricavi stimati a 580 milioni di euro. Dinnanzi a questo scenario Coldiretti mette in allerta i consumatori: nelle bottiglie di olio, magari vendute sotto marchi italiani ceduti all’estero o con l’etichetta delle grande distribuzione, c’è il rischio che si trovi un prodotto straniero (tunisino, spagnolo o greco), peraltro favorito da etichette dove l’indicazione della provenienza è spesso illeggibile.
Sulle confezioni, infatti, è praticamente impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva dal primo luglio 2009.
Coldiretti avverte i consumatore di fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 7-8 euro al litro perché non coprono i costi e invita as acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane.
Secondo Nielsen, nel 2019 il prezzo medio dell’olio evo aumenterà, con un conseguente fenomeno di polarizzazione degli acquisti tra i prodotti premium e low price. Allo stesso modo cresceranno i formati di taglia inferiore al litro.
Articolo a cura di Paola Maruzzi